Viadana è il paese in cui sono nata, dove sono nati i miei genitori, i loro genitori, e i genitori dei loro genitori e, che io sappia, pure i miei trisavoli.
A dir la verità Nicola, il mio nonno materno è nato a New York, i suoi cercavano fortuna in America, si sono imbarcati giovanissimi Graziano e la Rosa. Lei è rimasta incinta subito, forse addirittura durante il viaggio in nave. Soffriva, aveva nostalgia del suo piccolo paese e così costrinse Graziano a tornare e non fece fortuna da nessuna parte.
Nonno Nicola, che noi tutti abbiamo sempre chiamato Guido, tanto che leggere nero su bianco nonno Nicola quasi mi viene una crisi d’identità, era orgoglioso di mostrare i suoi documenti con stampato “nato a New York” ma nemmeno sapeva pronunciare bene questa parola, diceva: “Sono nato a Neviorc”. Raccontava sempre di quando era stato prigioniero durante la guerra e di quando la prima volta vide una ièp e ci volle un po’ per capire che si riferiva alla Jeep. Comunque in famiglia, lo ammetto, non eravamo molto interessati ai suoi racconti lo preferivamo di gran lunga quando si prestava ai travestimenti. Io e mia sorella Monica lo pettinavamo e truccavamo e lui usciva come sul palcoscenico e diventava un attore che la signora Coriandoli E Drusilla Foer io dico che han copiato da lui.
Adesso sarebbe diverso, lo ascolterei con maggiore attenzione. Pochi giorni fa mia mamma mi ha mostrato un documento trovato in chissà quale scatola, è un foglio di riconoscimento di combattente partigiano all’estero e allora ho pensato che mi mancano alcuni passaggi della vita del nonno.
Ma io ero affascinata di gran lunga dai racconti della zia, anzi prozia per la precisione, una delle sorelle di mia nonna materna. Zia Norma era un po’ la zia di tutti i cugini e cugine e anche la zia dei figli e nipoti delle sue amiche. Io un po’ ero gelosa di non avere l’esclusiva e infatti ho sempre pensato che le preferite eravamo io e mia sorella rispetto a tutta la cuginanza, ma ho scoperto che tutti pensavano la stessa cosa, di essere i preferiti.
Ecco, zia Norma raccontava i fatti della sua vita che te li immaginavi proprio come vedere un film e nemmeno in bianco nero.
I vestiti di mussola, il buttarsi a terra quando fischiavano le bombe, il pane che in casa sua era sempre bianco e non nero, il formaggio che poteva mangiare perché suo padre faceva il casaro, l’amore cocente, e contrastato dalla famiglia, con Piero, il lungo fidanzamento, le fedi nuziali e il matrimonio saltato. La vita salvata ad Ardicio ritrovato dopo oltre trent’anni per una serie di incredibili coincidenze come in una puntata di Carramba che sorpresa. Il suo ricordo nostalgico per la divisa da piccola italiana e la faccetta nera.
Con lei potevamo fare, da bambine e ragazzine, quello che in casa nostra era proibito, andare a letto tardi, spaccare piatti e bicchieri l’ultimo dell’anno, bruciare cose nel fuoco in cortile, mangiare il prosciutto con le mani, andare al ristorante al venerdì a pranzo, prendere il taxi, usare le creme in faccia. Mi leggeva le carte e la mano, prediceva che mi sarei sposata e io un po’ ero contenta e un po’ no perchè osservavo quanto lei fosse libera rispetto alle altre donne di famiglia, allora immaginavo che se marito dovevo avere almeno doveva essere sempre in viaggio.
Ah zia Norma, quanto mi manchi!
A Viadana ci sono nata dicevo, proprio in piazza, in casa con noi i nonni paterni e poi lo strappo. Quando avevo tre anni ci siamo trasferiti a Bozzolo. Deve essermi mancata tanto la mia nonna Maria. Me la ricordo buona, silenziosa e presente. Comunque ogni fine settimana il papà ci portava a Viadana, anche lui aveva tutti gli amici lì, e noi potevamo frequentare tutti i nonni.
Quando avevo sei anni un giorno mi hanno portato in ospedale dove era ricoverata la nonna che non parlava più e si chiedevano se mi avesse riconosciuto, a me è sempre piaciuto pensare di sì. Il papà ha annunciato la sua morte mentre stavo mangiando i biscotti pucciati nel latte a colazione. Non ho pianto ma è stato un dolore fortissimo anche se nessuno se n’è accorto. Da quel momento ho iniziato a capire il concetto di morte e il fatto che gli adulti mi dicessero che prima o poi doveva succedere a tutti quanti non mi rassicurava per niente.
Fortunatamente a Bozzolo ci stavo bene, abitavo vicino ai campi e giocavo libera con mia sorella e le amiche. Sono stati anche gli anni più spensierati.
Mi sentivo sempre un po’ straniera comunque.
Finchè un giorno il papà ci annunciò che, per lavoro, ci saremmo trasferiti a Viadana, o meglio, in un paese vicino.
Dovevo iniziare la prima media e lasciare tutte le compagne d’infanzia.
Patrizia, la mia amica del cuore, oltre che dispiaciuta era anche un po’ arrabbiata perché io non mostravo tristezza.
Non era vero. Mi dispiaceva ma c’era anche un senso di avventura, di cose nuove, due sentimenti che contrastavano e forse non sapevo quale scegliere.
Ma il vuoto venne man mano che passavano i giorni, i mesi, gli anni. Non mi trovavo bene per niente.
Nel paese in cui ero nata mi sentivo ancora più straniera di quanto non mi fossi sentita a Bozzolo.
Se a Bozzolo mi sentivo una cittadina che era andata ad abitare in campagna a Cicognara e Viadana mi sentivo come se una contadinotta degli anni ‘50 fosse andata ad abitare a Milano negli anni ’80.
Le mie nuove amiche giocavano con le Barbie di cui non conoscevo l’esistenza fino a quel momento, avevano i pattini che usavano con disinvoltura e indossavano scarpe e vestiti comprati a Parma e poi dopo solo pochissimi anni, ormai relegate le Barbie, parlavano di David Bowie e Bob Dylan mentre i miei tre dischi erano ancora quelli ricevuti alcuni anni prima per un mio compleanno, Fiori rosa fiori di pesco, La riva bianca, la riva nera e l’altro nemmeno ricordo. Acquistai punti quando mio padre mi comprò una vespa 50 usata, pensavo di dovermene vergognare perché ero rimasta con l’idea che fosse il CIAO ad essere il must, invece dopo pochissimo le mie amiche erano già munite di vespe, nuove di zecca e 125.
Cicognara è un’appendice di Viadana ma era un mondo a sé e forse anche ora lo è.
Io ci tenevo molto di più delle amiche cicognaresi a sentirmi parte del tessuto viadanese.
Questo successe grazie ai miei primi amori.
Il primo fidanzato e quello successivo che diventò mio marito.
E fu proprio quando mi sposai che ritornai a Viadana, dopo la breve parentesi mantovana.
Krizia, mia figlia nacque a Viadana ed erano i fantasmagorici anni ottanta.
In quel periodo ho amato Viadana più che mai.
Era quella dimensione giusta, sentivo che era vicino a tutto quello che si potesse desiderare, non troppo campagna, non troppo città, vicino alla campagna, vicino a diverse città, non lontanissima dal mare, dalle colline, dalle montagne. Amiche, amici, feste, cene. La piazza viva, La Rotonda nei Giardini nel massimo fulgore.
Quando le cose sono cambiate non so dirlo con precisione.
Improvvisamente Viadana era lontana da tutto, in una dimensione che non era campagna e nemmeno città, senza avere i vantaggi né dell’una né dell’altra.
Sicuramente siamo stati noi, i suoi abitanti che ci siamo allontanati da lei, snobbando le rive del Po per mete più esotiche.
Forse non c’è stato un rinnovamento, nelle varie sagre, manifestazioni, eventi, forse nelle vetrine dei negozi con articoli sempre uguali, forse perché l’erba del vicino è sempre più verde.
Io per lavoro ero sempre in altre città della vicina Emilia e tornavo solo per dormire e mi sentivo più a casa altrove che non lì.
Poi me ne sono andata, sono prprio andata ad abitare via.
Quando tornavo venivo presa da un senso di scorata tristezza, vedevo tutto come congelato, come nelle sfere con la neve che si vedono a natale. Dentro ad una bolla spazio temporale, come se niente cambiasse mai e nulla la facesse scuotere. La tristezza che ti coglie come quando vai a visitare una persona in coma.
E non è che prima non me ne accorgessi ma il confronto con altre realtà evidenziava ancora di più questa sensazione.
Forse, e lo dico piano, da un po’ di tempo a questa parte qualcosa sta rifiorendo, forse, speriamo.
Lo spero davvero perché in fondo io Viadana l’ho sempre amata tanto quanto l’ho odiata.
Un giorno, parlando e ipotizzando con amici di come si vorrebbe il proprio funerale e il dopo funerale, tra chi diceva che voleva le ceneri sparse tra le nuvole, chi nel mare, chi voleva che ci si dimenticasse di lui, chi voleva essere seppellita in un bosco, chi vicino alla tomba del suo cantante preferito, quando è giunto il mio turno, senza alcuna esitazione ho detto “ Che domande? io voglio essere seppellita nella mia terra, nella terra dove sono nata e dove sono nati i miei genitori e i genitori dei miei genitori, voglio essere seppellita vicino alle persone che conosco da sempre, nel cimitero dove mi piaceva andare da bambina. Che domande? Viadana è la mia terra, lì ci sono le mie radici, Viadana mi ha visto nascere ed è lì dove voglio morire.