Maria Callas è nata il 2 dicembre 1923, all’interno di una famiglia greca emigrata a New York. La sua storia inizia con un rifiuto da parte  dei genitori soprattutto della madre che desiderava fortemente un figlio maschio che potesse sostituire il precedente morto. Una madre delusa dalle aspettative di un matrimonio che potesse darle prestigio sociale  e che riversò sulla figlia, denigrandola e sfruttandola, tutte queste aspettative Il padre fu più che altro una figura assente. Questo contesto rappresenta un interessante punto di partenza per comprendere come i traumi e la relazione disfunzionale con la madre  abbiano  segnato la vita di Maria influenzando la sua personalità e i suoi comportamenti.

Maria è stata una bambina in sovrappeso e miope, caratteristiche  che hanno contribuito ancor di più al rifiuto materno ma ciò che più l’ha colpita è stata la crudeltà di sua madre Evangelina.

Nadia Stancioff, autrice della biografia “The Tigress and the Lamb” ha scoperto lettere scritte da Maria in cui rivela come sua madre l’abbia costretta a prostituirsi ad Atene tra i soldati durante la Seconda Guerra Mondiale. Evangelina Dimitriadou, questo era il nome di sua madre, ha persino venduto storie alla stampa, mettendo in cattiva luce la sua stessa figlia. Le parole di maledizione : “Spero tu prenda un cancro alla gola,” sottolineano l’intensità del conflitto nei confronti di Maria.

Altri spunti che analizzano il rapporto di complessità con la madre e i risvolti psicologici della Callas sono contenuti nella biografia di Vanna Vinci.

La svalorizzazione da parte della madre  ha prodotto in Maria Callas l’idea di non valere, contribuendo a una bassa autostima e al senso di non merito e come possibili conseguenze, da una parte l’assenza di controllo sulle proprie finanze e dall’altra il tentativo di compensazione attraverso il perfezionismo, la caparbietà ad ottenere il successo e l’attrazione verso uomini potenti e ricchi. Infatti il suo debutto ufficiale come cantante nel 1941 segnò l’inizio di una carriera straordinaria, ma nonostante il suo successo, Maria è stata costretta a condividere i frutti del suo lavoro con la madre. Anche durante il suo matrimonio con Giovanni Battista Meneghini, che aveva ventisette anni più di lei, la Callas ha visto gran parte dei suoi guadagni finire nelle mani di altri.

Il mancato nutrimento affettivo può invece aver  influenzato la sua relazione complicata con il cibo. Gran divoratrice fin dalla tenera età si impose in un certo momento di perdere 36 kg e ci riuscì. Leggenda dice che ingoiò una tenia per raggiungere questo obiettivo che pare invece essere  il risultato di una grande forza di volontà e unita ad una pericolosa cura ormonale.

Si potrebbe affermare che il successo inseguito ed ottenuto dalla Callas abbia avuto più il sapore di una compensazione che non di una guarigione attraverso l’arte. Questa considerazione si può riassumere in una frase che le è stata attribuita fu: “Mi piacerebbe essere Maria, ma c’è anche la Callas di cui devo essere all’altezza”

La storia d’amore tumultuosa con Aristotele Onassis ha aggiunto un altro strato di complessità alla  sua vita. Le minacce e l’abuso fisico subito da parte di Onassis, insieme alla costrizione a un aborto, rappresentano gli estremi di un’esperienza traumatica che avrebbe lasciato profonde cicatrici.

Maria si è confidata in lettere private, esprimendo la sua sfortuna nella vita nonostante i successi operistici e la fama internazionale. La sua domanda “Sono così cattiva? È troppo chiedere che le persone intorno a me mi amino?” sottolinea il peso dei traumi emotivi che ha dovuto sopportare.

La morte solitaria di Maria Callas il 16 settembre 1977, con sospetti di suicidio, è una tragica conclusione di una vita segnata da relazioni difficili a livello psicogenealogico. Questa storia ci ricorda come i traumi  possano influenzare in modo significativo la vita, far nascere disturbi psicologici e conflitti interni  e come i tentativi dell’Anima di guarire possano portare verso la strada giusta, in questo caso il canto  poteva avere un potere terapeutico nel dar voce alla sofferenza e acquisire consapevolezza del proprio valore, ma quello che è forse mancato è stata l’ integrazione tra Persona e Personaggio.